Per avere potere non occorre essere necessariamente in ruoli di potere, basta essere nel proprio ruolo di titolare, di collaboratore, di amico o di genitore. Nel nostro piccolo, ogni giorno, siamo assunti in vari ruoli e in ognuno di essi ci viene assegnato un “potere”. Anche comunicare una piccola frase o mettere in atto un piccolo gesto, se ci pensi, è avere in mano un potere. Quello che decidiamo di fare con quel potere crea un effetto domino su di noi e su chi ci circonda. Con una parola o con un’azione puoi far star male qualcuno o puoi farlo star bene.

Ma, entriamo nel mondo del business. Un business malato di potere (speriamo non sia malato terminale…), il potere dei soldi. Tutte le aziende riducono la loro forza lavoro e tutte le spese ad essa collegate come la formazione, per poi continuare con i tagli nella ricerca e nella pubblicità. Questo accade per migliorare i propri guadagni che nei fatti, invece di aumentare, diminuiscono. Spesso la sorte di milioni di lavoratori viene decisa da occulti speculatori finanziari (non hanno mai un nome né un cognome, perché si parla sempre di “Borsa”, che a me fa spesso pensare al mercato del pesce) che giocano con cinismo nella roulette delle borse internazionali. Negli USA, per assurdo, si vedono le azioni di aziende che salgono se riducono il numero dei propri collaboratori. C’è qualcosa che non mi torna. E a te?

A fronte di tutti i cambiamenti che stanno prendendo piede in ogni “azienda” sociale, è possibile creare modelli di leadership moderni? Modelli utili alla crescita e al miglioramento? Ma cosa sta realmente accadendo oggi nelle varie società?

Avram Noam Chomsky, linguista, filosofo, teorico della comunicazione e anarchico statunitense, ci ricorda che «negli ultimi dieci anni, l’1% della popolazione (la fascia dei super-ricchi) è diventato ancora più ricco, il successivo 10% (la fascia dei ricchi e basta) ha perso capitale e man mano che si scende nella scala sociale, aumenta l’impoverimento. Il potere e i soldi si sono accumulati in modo impressionante negli ultimi trent’anni, a scapito della maggioranza della popolazione. Ma storicamente questo genere di tendenza non ha vita lunga. Credo che la gente riuscirà a organizzarsi e a opporsi a questo sistema».

Per fare un esempio: la Nike dà a Michael Jordan ogni anno, per farci sognare di diventare come lui con le sue scarpe firmate, 20 milioni di dollari. Un lavoratore indonesiano per portare a casa la stessa cifra, lui che le scarpe le fa, dovrebbe lavorare 23.000 anni. Altro che reincarnazione!

Sono partito da Oltreoceano per giungere nel nostro “Bel Paese” e fare un’istantanea. Il penultimo censimento dice che in Italia, grosso modo, ad oggi presenta ancora 1.200.000 analfabeti, 6.000.000 di persone che non hanno raggiunto la quinta elementare e 17.000.000 di persone che hanno soltanto la quinta elementare. In poche parole 24.000.000 di persone (matematica alla mano, sfioriamo la metà della popolazione…) che hanno una formazione scolastica che va dalla quinta elementare in giù. Senza considerare la costante “fuga di cervelli” dall’Italia verso le opportunità fornite all’estero e l’arrivo in Italia di popoli stranieri nelle cui fila, è verosimile pensare di trovare molti più analfabeti piuttosto che “cervelli”. L’Italia ha questi numeri, quell’Italia che si trova ad affrontare sfide crescenti e deve confrontarsi con concorrenti che hanno strumenti molto potenti, in uno scenario nel quale la conoscenza costituirà il bene più prezioso. Prendi Obama (evito di citare Trump) e mettilo vicino a uno dei “nostri” ed è spontaneo toccarsi come si faceva una volta al passaggio di un gatto nero sulla strada.

Che tipo di tessuto imprenditoriale ci aspetta nel futuro?

A te la riflessione, non ho certezze ma, solo punti interrogativi.

Grazie e buona giornata.

Loris Comisso

Cerca
Articoli collegati