Ogni tanto ti imbatti, a distanza di tempo, in situazioni che spiegano perfettamente una serie di complicazioni e problemi. Ostacoli che hai notato ma che non sei stato in grado di capire o, peggio ancora, prevenire nel recente passato.

Il mio cruccio è sempre stato cercare il motivo per cui così tante organizzazioni hanno difficoltà a trasformarsi anche se hanno le migliori intenzioni e gli obblighi dettati dal contesto esterno.

Le domande che spesso mi frullano in testa sono:

Perché così tante aziende grandi, consolidate e ben finanziate rimangono così caute e conservatrici? Anche di fronte ai progressi radicali della tecnologia e alle perturbazioni del mercato? 

Perché il cambiamento è così difficile?

Perché, così tanti executive, sono così “mortalmente” spaventati dal fallimento? Anche se la maggior parte di loro ammetterà che l’innovazione di successo arriva raramente senza battute d’arresto? Che la natura stessa del lancio di nuovi prodotti o del ripensamento dei vecchi processi richiede assunzione di rischi, sperimentazione e inevitabili protuberanze nel strada?

In che modo solo un collega discordante, una sola voce di negatività in una business unit o in un team di progetto (dove tutti sono di animo ottimista ed entusiasta), può gettare un’ombra, così lunga, sul morale del gruppo?  Come fa una mela marcia (Incredibile il potere che ha!) a rovinare sempre tutto il resto?

Sembra l’eterna risposta della notte dei tempi: il male è più forte del bene.

Le persone hanno un collegamento invisibile fra loro: la tendenza universale, per eventi ed emozioni negative, a influenzarci più fortemente di quelli positivi.

Siamo devastati da una parola di critica ma impassibili da una serie infinita di lodi e apprezzamenti. Vediamo la faccia ostile nella folla ma perdiamo tutti i sorrisi amichevoli. Riconosciamo il maleducato e ci scordiamo della gentilezza.

Per prima cosa, questa tendenza spiega perché così tante organizzazioni rimangono così riluttanti a cambiare, anche di fronte a prove enormi che il rischio di provare qualcosa di nuovo è molto più basso del costo di aggrapparsi a ciò che ha funzionato in passato. Troppi di noi sono “Drogati di sicurezza” e lasciamo che la paura gestisca le nostre vite e diventiamo, senza volerlo, cauti.

Il termine, che ricordo aver studiato durante i miei percorsi in SDA Bocconi, nelle scienze sociali per questa mentalità è “Avversione alla perdita”. La maggior parte di noi preferisce giocare per non perdere, piuttosto che giocare per vincere, perché sentiamo il fastidio della sconfitta molto più intensamente del piacere del successo.

Ma per i leader che vogliono che le loro aziende vincano, specialmente in settori in rapido cambiamento e  molto competitivi, consentire alle loro organizzazioni di rimanere dipendenti dalla sicurezza è una sconfitta certa.

Ho scoperto che i migliori Leader ispirano le loro organizzazioni con una sorta di indomabile ottimismo condito da eccitazione, entusiasmo, coraggio. Il futuro è raramente creato da persone che non credono nel futuro. La forza della negatività spiega anche perché è così difficile sostenere l’innovazione a lungo termine, anche quando le cose stanno andando bene. Si scopre spesso che l’impatto sul morale anche di una piccola battuta d’arresto può compromettere tutti i successi ottenuti. Una mega generalizzazione fuorviante.

“Ci vogliono quattro cose buone per superare una cosa cattiva”.

I leader più efficaci fanno del loro meglio per ricordare ai colleghi i progressi che stanno facendo, per celebrare spesso piccole vittorie  Gran parte delle esperienze quotidiane, nel mondo degli affari, con cui veniamo a contatto, dalla costruzione di una nuova azienda al cambiamento di una consolidata, si tinge spesso di delusione: il cliente che non è arrivato, l’ordine non chiuso, l’incontro che non è andato bene.

Il potere della negatività colpisce spesso. Anche in altre forme. Sono sempre stato colpito dal modo in cui un piccolo numero di voci discordanti all’interno di un’azienda (ad esempio: un forte scetticismo, il rimanere attaccati alla tradizione) può rallentare o paralizzare un programma di cambiamento, che gode di un ampio sostegno. A quanto pare, una “mela marcia” può davvero rovinare l’intero gruppo.

Senza dimenticare le persone che spettegolano, portano rancore che parimenti abbattono il morale della truppa. I leader, con grandi idee e buone intenzioni, non avranno successo se non sono preparati ad affrontare le loro mele marce. “Affrontare” è un verbo per chi ama il politicamente corretto. Per quanto mi riguarda vanno presi a pedate nel sedere.

In definitiva, le cattive notizie non devono trascinare verso il basso la tua azienda o il tuo team. Ma richiede a tutti noi, come dirigenti, imprenditori e manager, di infondere strategie ben progettate con una buona dose di psicologia.

Negli affari, come nella vita, è complesso ottenere il “Fin di Bene” se non si supera il potere della negatività.

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Grazie e Buona Giornata

Loris Comisso

 

 

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